“VA DOVE DI PORTA IL CUORE” (1994) DI SUSANNA TAMARO

Una lettera-testamento scritta alla nipote orfana di madre, da una nonna che percepisce la fine della propria vita

 

Problemi familiari adolescenza anziani nonni relazioni

Una lettera scritta da una nonna alla propria nipote adolescente. Tra loro l’assenza della madre di quest’ultima (nonché figlia della prima) è solo l’ultimo anello mancante di una lunga catena infragenerazionale che di anelli mancanti ne ha diversi. Pagina dopo pagina, le tragedie paiono non aver fine. Come debiti,  esse finiscono per ricadere sulle persone che di generazione in generazione si avvicendano, secondo un copione che sembra essere destinato a ripetersi sempre uguale senza sosta.

Gioia e sofferenza si alternano nel corso della vita secondo progetti che travalicano la nostra volontà. Il  destino è frutto di tanti eventi che risalgono ai nostri avi, ma tutto ciò non deve farci cadere nel fatalismo, né nel vittimismo. La nostra esistenza acquisisce un senso solo se abbiamo il coraggio di guardarla fino in fondo, senza ipocrisia o senza illusioni. Tante possono essere le scorciatoie che ci consentono di sfuggire alla realtà, prima fra tutte il vano tentativo di trovare risposte in qualcosa o qualcuno di diverso da noi stessi. Che si tratti di religione o ideologia o di qualsiasi personaggio apparentemente saggio o sapiente, nessuno può rispondere ai nostri misteri. La verità è solo dentro di noi e affrontarla vuol dire accettare anche i suoi misteri.

Alcune riflessioni sono riservate alla figura dello psicanalista: dalle pagine di Susanna Tamaro, la figura professionale ne esce fortemente criticata. Come psicologo non posso esimermi dal pronunciare la mia opinione. Premesso che la psicananalisi è solo una delle tante teorie a disposizione per la psicoterapia, due sono gli aspetti su cui mi voglio fermare.

  • Il primo: il personaggio evocato dall’autrice non era un professionista, ma un millantatore, che abusava delle fragilità dei pazienti per arricchirsi. Tale atteggiamento è vietato dalla legge. Peraltro nel romanzo il “professionista” non era laureato e non possedeva pertanto i titoli per esercitare una professione che invece richiede un percorso accademico molto lungo (laurea di cinque anni e ulteriore specializzazione di quattro anni).
  • Il secondo aspetto: l’interpretazione. Questa volta sono d’accordo con l’autrice. Non credo che nel corso di una terapia sia funzionale interpretare il materiale esistenziale portato dai clienti.

In questo senso mi piace molto il messaggio complessivo del romanzo: la verità è solo dentro di noi. Il professionista psicoterapeuta aiuta la persona ad avvicinarcisi, offrendo una relazione di aiuto adatta a tale scopo.

Il romanzo va letto: se non lo avete in casa, lasciate tutto e correte a comprarne una copia.

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