RIFORMA PENSIONI, PROPOSTE PER LA PENSIONE ANTICIPATA

Legge Fornero incostituzionale: il governo si prepara ad una nuova riforma delle pensioni. Quali le proposte?

Tema caldo nell’agenda del Governo Renzi, sembrerebbe, dalle ultime indiscrezioni, che la “flessibilità”, ovvero il poter accedere anticipatamente alla pensione e il garantire un reddito minimo agli over 55 collidano con la sostenibilità economica italiana.

Fu con il governo Dini, durante gli anni Novanta del secolo scorso, che si introdusse, per la priva volta, l’idea di quota contributiva, associando alla pensione i contributi versati dal lavoratore durante la sua carriera lavorativa: attraverso il sistema retributivo la prestazione venne legata ad un’espressione avente come fattori i contributi versati e la crescita economica assoggettata alla variazione media quinquennale del PIL.

  • La pensione dipende dai contributi indicati nell’estratto conto contributivo e agli anni di vita media di un lavoratore, eccezion fatta dalla capacità dello Stato di imporre una pressione fiscale con lo scopo di sovvenzionare il sistema pensionistico pubblico (privo del patrimonio di previdenza) tenendo conto dell’obiettività delle promesse pensionistiche, della differenza tra quanto costa un dipendente al datore di lavoro e quanto riceve al netto lo stesso lavoratore (calcolata in percentuale del salario lordo), il livello di pressione fiscale legale, l’aliquota fiscale effettiva e i costi delle assicurazioni sociali obbligatorie amplificati dalle politiche di solidarietà intragenerazionale regressiva e di solidarietà intergenerazionale regressiva.

La riforma Dini promosse un nuovo disegno di pensione di vecchiaia fissando le norme di unificazione della pensione di anzianità e la pensione di vecchiaia.  Chi nel 1996 aveva più di diciotto anni di anzianità contributiva, calcolava la pensione di vecchiaia attraverso il metodo di calcolo contributivo. Chi, invece, nel 1996 aveva meno di diciotto anni di anzianità contributiva, quantificava la pensione di vecchiaia con il metodo pro-rata (dal 1996). Chi iniziava a lavorare dopo il 1996 doveva conteggiare la pensione di vecchiaia solo con il metodo di calcolo contributivo a capitalizzazione simulata sulla crescita.

Il risultato fu l’alleggerimento del debito previdenziale latente senza esiti importanti e sperati sulla sostenibilità fiscale dei sistemi pensionistici obbligatori.

Con la riforma delle pensioni Fornero (art.24 del D.L del 6 Dicembre 2011, n. 201, detto “Salva Italia”) venne dichiarata una mancanza nei sistemi pensionistici pubblici per abbassare la spesa pubblica legata alle prestazioni pensionistiche.

La Corte Costituzionale il 30 Aprile del 2015 dichiara incostituzionale l’art. 24, comma 25 del D.L. 6 dicembre 2011.

La legge Fornero, purtroppo, ha bloccato il mercato dell’occupazione costringendo migliaia di lavoratori a rimanere in servizio fino ad età avanzata, penalizzando, così, le uscite dal lavoro.

Come intervenire? Modificare i requisiti di anzianità o contributivi o dare la possibilità ai lavoratori di lasciare il lavoro in anticipo con una penalizzazione nell’assegno Inps?

L’ipotesi più credibile, per arrivare nella finanziaria del 2016, è quella di porre sull’assegno, per chi decide di lasciare prima dei 66 anni, un malus, premiando i lavoratori che rimarranno a lavorare sino ai 70 anni di età.

Non solo “flessibilità”, l’intervento del Governo verte anche sugli esodati e l’Opzione donna.

Tra le proposte avanzate:

  • quota 100: di Cesare Damiano, presenta l’eventualità di uscire anticipatamente dal lavoro, come si poteva far prima della legge Fornero, imponendo l’età minima a 62 anni. Con 62 si aggiungerebbero 38 anni di contributi, con 63 anni servirebbero 37 anni di versamenti  e così via. (La Lega Nord ha proposto l’uscita dal lavoro all’età di 58 anni con 42 anni di contributi). La variante sarebbe quella di percepire dopo qualche anno la pensione, lievemente più alta.
  • pensione flessibile con penalizzazioni decrescenti e quota 41: primo firmatario del Ddl è sempre Cesare Damiano. Età minima per ricevere la pensione fissata a 62 anni con 35 anni di contributi: fino ai 66 anni si prenderebbe  un assegno decurtato dell’8% che andrebbe a scalare fino a raggiungere lo zero al sessantaseiesimo anno di età. Si parlerebbe anche di quota 41 ossia il diritto del lavoratore alla pensione di vecchiaia al termine dei 41 anni di contributi.
  • prestito pensionistico: idea lanciata qualche anno fa dall’ex ministro del Lavoro Giovannini. I lavoratori vicini alla pensione godranno di un prestito di 700 euro che restituiranno successivamente, quando avranno maturato i requisiti minimi per la pensione, attraverso minimi prelievi mensili. Questo non risolverebbe però il fatto che molte persone, con la pensione che  percepiranno, non riusciranno a vivere in maniera dignitosa. A Luglio del 2015  il PD ha depositato al Senato un disegno di legge firmato da Giorgio Santini che considera la possibilità ai lavoratori over 55 l’estensione del sussidio di disoccupazione introdotto con il Jobs Acts per un anno invece che per sei mesi. Terminato l’anno potranno accedere all’assegno pensionistico anticipato di cui i 2/3 verranno restituiti, attraverso l’addebito di minime somme sull’assegno percepito.
  • pensione anticipata 2015 con “Opzione Uomo” in regime sperimentale per tutti: oggi è in vigore l’opzione donna, il prepensionamento a 57 anni e 3 mesi di età con 35 anni di contributi (l’assegno percepito è interamente contributivo). Estendere il regime a tutti?
  • pensionamento anticipato tramite accordo lavoratore-azienda e riscatto contributi della laurea. DDL 1941 depositato al Senato da Sacconi: le imprese sarebbero disposte a pagare una parte per anticipare il pensionamento dei lavoratori e appoggiare la flessibilità in uscita. Si prenderebbe in considerazione, inoltre, l’eventualità del calcolo di contributi doppi nel periodo di astensione dal lavoro per maternità o puerperio.
  • proposta di Salvini: 1.000 euro al mese di pensione a tutti con 40 anni di contributi.
  • proposta per la pensione anticipata di Boeri in 5 punti: reddito minimo garantito per over 55, unificazione dei trattamenti previdenziali (unico assegno mensile), stop ai vitalizi dei parlamentari (criteri univoci per tutti), flessibilità sostenibile e contributi anche dopo la pensione.
  • aumento delle pensioni minime inviando dal 2018 il bonus degli 80 euro anche ai pensionati (con redditi inferiori a 25 mila euro).
  • part-time agevolato: l’azienda consentirebbe di diminuire l’orario di lavoro dei pensionandi continuando a pagare i loro contributi integralmente ed assumendo un giovane.
  • pensione anticipata con tagli entro il 15%:  variabile della quota 41. Pensione anticipata dai 63 anni con tagli che vanno dal 3 al 5 per cento annuo fino ad un massimo del 12-15%.
  • nuova tutela per i lavoratori esodati.
  • scivolo pensionistico per le lavoratrici 

Ancora non è dato sapere se la riforma delle pensioni sarà inclusa nella Legge di stabilità o se sarà un disegno legge collegato alla Legge di stabilità (decreto legge). Tito Boeri, presidente dell’Imps, non pare contento delle idee avanzate dal Governo: vorrebbe più serietà e che questa sia l’ultima riforma delle pensioni.

Intanto la Commissione Lavoro della Camera ha in programma di visionare i 17 progetti di legge depositati tra il 2013 e il 2015 per rivedere la legge Fornero.

Riforma pensioni

 

 

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