IL BISOGNO DELL’ALTRO

L'uomo ha sempre avuto la spinta a socializzare per non perdere la propria identità.

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Quanti baci ed abbracci ci vogliono affinché un bambino cresca?
Di quanto calore umano ha bisogno ognuno di noi ?
Una cosa interessante capita ogniqualvolta una persona si reca dallo psicologo. Alla richiesta: ” mi parli un po’ di lei” , il paziente, inevitabilmente, parla degli altri siano essi i famigliari, amici o conoscenti. Ma perché per descriverci abbiamo bisogno di citare persone altre rispetto a noi? Perché facciamo sempre riferimento ad un contesto sociale esterno? La risposta è semplice: l’uomo non è stato creato per vivere da solo ma in comunità. Si dice infatti che l’unione faccia la forza ma senza l’altro ognuno di noi perderebbe quasi completamente la sua identità.
Ed ecco che anche le biografie sarebbero molto più sintetiche se parlando di Freud, per esempio, non si potesse fare riferimento alla sua famiglia di origine, ai professori che l’hanno formato, alle sue frequentazioni in ambito clinico o universitario, ai suoi pazienti e alle loro storie. Ma quanti soggetti dobbiamo citare per avere il quadro di una persona? Beh, tornando all’esempio di Freud penso forse anche più di un centinaio. È così potrei continuare per ognuno di noi.
Vi invito a fare una prova: mettetevi allo specchio e cercate di descrivervi come se foste difronte ad un interlocutore immaginario: nei primi dieci minuti quante persone avete dovuto citare?


Ecco questo è il punto. La verità è che siamo dei prodotti. Per la precisione siamo il prodotto di due persone che in un estremo gesto di amore hanno voluto la nostra nascita; la nostra cultura è il prodotto di una serie interminabile di lezioni seguite sia a scuola che all’università; i nostri muscoli scultorei sono il prodotto di un duro allenamento in palestra seguiti dal fidato personal trainer, maggior parte delle nostre emozioni sono il frutto di incontri.
Tutti coloro che conosciamo, a loro volta, sono il prodotto di altre unioni e dell’intervento di altre persone.
Abbiamo bisogno dell’altro fin dalla nascita. Chiediamo disperatamente di qualcuno quando veniamo al mondo: gridando. Di notte i bambini piangono, la prima volta che debbono dormire da soli e questo non perché abbiano paura del buio ma perché hanno timore… timore di essere abbandonati. I piccoli, infatti, trovandosi improvvisamente soli hanno bisogno della vicinanza, del calore, della presenza di un genitore, di sentire la sua voce ma di certo non hanno paura del buio. Uno dei più grossi traumi che una persona possa subire nel corso della sua vita è quella dell’abbandono. Perdere le proprie origini vuol dire non sapere dove far cominciare la propria storia e si sa ogni storia, per essere tale deve avere un inizio. La vita è fatta di esperienze, di persone e di luoghi che insieme formano delle tracce fondamentali affinché seguendone il percorso tracciato la persona possa tornare indietro, rivedere il film, fare un bilancio ed andare avanti.
La storia di ognuno è un percorso, un labirinto di ricordi, di esperienze e di rammarichi che per quanto tristi ci hanno permesso di essere quello che siamo e sicuramente ci hanno dato la possibilità di esserci anche per qualche altra persona che senza di noi non potrebbe riavvolgere la pellicola e fare capolino proprio lì nella culla che l’ha ospitato la prima volta, subito dopo il primo respiro.
Siamo parte di un puzzle complicato dove il nostro quadro serve a completare quello di chissà quante altre persone. Ma il puzzle che compone l’umanità è un vero intrigo di linee che incrociandosi mostra una rete dove dalle curve di uno dipendono quelle di un altro è così fino a formare un guazzabuglio che in sintesi altro non è se non un eterno bisogno di amore, comprensione e vicinanza e perdono.

 

 

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