MISTERI D’ITALIA. IL CASO GULOTTA E LA STRAGE DI ALCAMO MARINA
Cinquantasei milioni di euro per 36 anni di sofferenza. In mezzo un’accusa terribile ed ingiusta, una condanna, 22 anni di carcere da innocente. Ed un calvario che non è ancora finito perché la battaglia per il risarcimento è tutt’ora aperta.
Lui è Giuseppe Gulotta, 57 anni, ed il suo nome è legato all’errore giudiziario più clamoroso della storia d’Italia. Era il 27 gennaio 1976 quando all’interno della piccola caserma dei carabinieri di Alcamo Marina, nel trapanese, furono assassinati a colpi d’arma da fuoco due militari dell’Arma, il 19enne Carmine Apuzzo e l’appuntato Salvatore Falcetta. In quella notte passata alla storia “nera” del nostro Paese come quella della strage di Alcamo Marina, la porta della caserma “Alkmaar” venne forzata con la fiamma ossidrica ed i due carabinieri vennero trucidati nel sonno. Le indagini si mossero inizialmente in tutte le direzioni. Inevitabile in quel periodo, siamo negli “anni di piombo”, la pista del terrorismo politico ma le Brigate Rosse dichiararono quasi subito la loro estraneità al duplice omicidio. Fu tracciata anche la pista mafiosa. A condurre le indagini fu il capitano Giuseppe Russo. Sarà a sua volta una vittima di mafia, ad oltre un anno di distanza dai fatti di Alcamo Marina. Indagava sul “caso Mattei“, ma questa è un’altra storia.
La storia di cui vi parliamo in queste righe invece ebbe inizialmente i suoi colpevoli. Furono infatti arrestati e successivamente condannati (dopo l’assoluzione in primo grado e la temporanea scarcerazione) quattro giovani alcamesi: oltre a Giuseppe Gulotta venne inflitto il carcere a vita anche a Giovanni Mandalà mentre Gaetano Santangelo (arrestato nel 1995) e Vincenzo Ferrantelli furono condannati a 20 anni. La strage venne confessata da Giuseppe Vesco, un carrozziere di Partinico considerato vicino ad ambienti anarchici. La confessione venne ritrattata subito dopo ma Vesco non arrivò mai dinanzi ad un Tribunale. Fu misteriosamente trovato impiccato in carcere, una morte archiviata come suicidio ma avvolta nel mistero. Difficile pensare ad un uomo che si toglie la vita con una corda al collo benchè privo di una mano, ed era il grave difetto fisico del giovane operaio.
Diverso comunque il destino dei quattro imputati. Tanto Santagelo quanto Ferrantelli tra un appello e l’altro sono espatriati in Brasile ottenendo lo status di rifugiati. Giuseppe Gulotta ha scontato 22 anni prima di ottenere la libertà condizionale e la successiva revisione del processo che lo ha reso un uomo libero.
Del caso si occupò con pochi clamori ma con tanta pazienza e perseveranza un cronista trapanese, Maurizio Macaluso, sul settimanale “Il quarto potere“. Fu grazie alle dichiarazioni rese dall’ex brigadiere Renato Olino e riportate sulle pagine del citato periodico che la Procura di Trapani riaprì le indagini nel 2008. Olino disse a chiare lettere che le confessioni di Vesco e quelle successive dei quattro arrestati erano state estorte con la tortura. La Procura aprì due filoni di inchiesta, una sulla morte di Apuzzo e Falcetta e la seconda su quattro carabinieri, Giuseppe Scibilia, Elio Di Bona, Giovanni Provenzano e Fiorino Pignatella, accusati di sequestro di persona e lesioni gravi.
L’ex brigadiere Olino dichiarò la medesima versione dinanzi ai giudici. Riguardo alla vicenda del presunto suicidio di Vesco, esiste anche una dichiarazione del collaboratore di giustizia Vincenzo Calcara che parla di omicidio. Il giovane sarebbe stato ucciso nella sua cella, avrebbe infatti avuto intenzione di esporre la verità. Lo stesso Calcara, nel corso del processo celebrato dinanzi la Corte d’Assise di Reggio Calabria a partire dal 2011, collegò la strage all’Organizzazione Gladio che avrebbe avuto proprie basi in provincia di Trapani negli anni ’70. Apuzzo e Falcetta potrebbero aver intercettato un carico d’armi destinato proprio alla nota organizzazione paramilitare clandestina e questo avrebbe decretato il loro destino.
Ad ogni modo per Giuseppe Gulotta è arrivato il proscioglimento il 13 febbraio 2012, 36 anni dopo il suo arresto. La Corte dichiarò inoltre la probabile estraneità al duplice omicidio anche per Vesco e Mandalà, quest’ultimo deceduto in carcere nel 1998, oltre che per i latitanti Ferrantelli e Santangelo che saranno assolti da tutte le accuse il 20 luglio dello stesso anno dalla sezione per i minori della Corte d’Appello di Catania (i due avevano meno di 18 anni all’epoca dell’eccidio). Mandalà sarà assolto due anni dopo dalla Corte d’Appello di Trapani, 16 anni dopo la sua morte.
I killer di Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta non hanno ancora un nome. Di loro si era occupato privatamente anche Peppino Impastato, l’attivista di Cinisi ucciso dai sicari del boss Tano Badalamenti nel 1978. Una cartella contenente alcuni documenti sul duplice omicidio di Alcamo Marina sarebbe stata sequestrata dalla sua abitazione poco tempo dopo la sua morte. Il fratello di Peppino, Giovanni Impastato, ha riferito che tale cartella, a differenza di altri documenti, non è mai stata restituita.
Quale mistero si nasconde dietro a questa incredibile storia è una domanda senza risposta. Giuseppe Gulotta aspetta ancora di essere risarcito da uno Stato che gli ha tolto 22 anni di vita e che nessun indennizzo milionario potrà mai restituirgli.