GLI UNDICI UOMINI CHE SFIDARONO IL NAZISMO

Storia e leggenda della Start, la squadra ucraina che ispirò il film Fuga per la vittoria
La squadra di "Fuga per la vittoria"

La squadra di “Fuga per la vittoria”

Fuga per la vittoria” è un film visto e rivisto dagli appassionati di calcio. Diretto da John Houston ed uscito nelle sale cinematografiche nel 1981, nel cui cast spiccavano oltre Sylvester Stallone, Michael Caine e Max Von Sydow anche autentiche leggende del calcio come Pelè, Osvaldo Ardiles, Bobby Moore, Paul Van Himst e Kazimierz Deyna, è uno di quel film che emoziona ad ogni visione. E’ la storia di una squadra di prigionieri di guerra, tutti calciatori prima del conflitto, che rinuncia alla fuga pur di terminare la partita allo stadio “Colombes” di Parigi contro la Nazionale tedesca. C’è un lieto fine, con la formazione degli “Alleati” che pareggerà eroicamente il confronto dopo esser stata sotto di quattro gol ed i calciatori che riusciranno lo stesso a fuggire dallo stadio, quando il pubblico parigino in delirio invade il rettangolo di gioco e gli atleti si mischiano alla folla. Il film è ricordato anche per la magnifica rovesciata di Pelè, un gesto tecnico così incredibile da far scattare in piedi ad applaudire lo stesso ufficiale tedesco che aveva organizzato la partita. Karl Von Steiner, interpretato da Max Von Sydow, si spella letteralmente le mani mentre tutto lo stato maggiore delle SS lo guarda in cagnesco. È un ufficiale nazista che “osa” applaudire il gol di un calciatore di colore … ma il maggiore Von Steiner è innanzitutto un ex calciatore ed è il simbolo dello sport che unisce, che prevale su ogni ideologia fanatica ed aberrante, su ogni guerra

Foto di gruppo per la Start

Foto di gruppo per la Start

“Fuga per la vittoria” è ispirato ad un fatto realmente accaduto. Ma come avviene spesso, la realtà è ben diversa da un film. Nella vera storia non ci fu nessuna fuga, non ci fu un lieto fine. È una storia di infinito coraggio ed è nota come “La partita della morte” ma anche come “La leggenda della Start”.
In Ucraina è l’estate del 1942. I tedeschi hanno appena sconfitto per la seconda volta le truppe sovietiche ad Harkov e sono prossimi all’offensiva contro Stalingrado. Non possono sapere che proprio nella città che porta il nome dell’acerrimo nemico franeranno i loro sogni di gloria e da lì inizierà la controffensiva che cambierà le sorti della guerra in Europa. Kiev è occupata ed il comando nazista, tra uccisioni e deportazioni di massa, intende comunque normalizzare la situazione e, nel contempo, sollevare il morale dei propri soldati. L’idea studiata a tavolino è quella di organizzare un campionato di calcio. L’obiettivo è quello di dimostrare la propria supremazia anche con un pallone tra i piedi: al torneo parteciperanno una squadra tedesca, due ungheresi ed una rumena, tutte allestite da militari che prima della guerra giocavano davvero a calcio. Per dare un contentino ai cittadini di Kiev vengono ammesse due squadre locali, una composta da collaborazionisti, l’altra dai lavoratori di un panificio. Chiaro che alla fine del torneo dovrà risultare vincitrice la squadra tedesca ma agli organizzatori piacque dare un senso di incertezza e lealtà sportiva a questa singolare iniziativa.


Titolare del panificio di Kiev ed incaricato dunque di costruire una squadra con i suoi dipendenti era Iosif Kordik, di nazionalità ceca, veterano della Grande Guerra e grande appassionato di calcio. Tra i suoi lavoratori c’era anche Nikolai Trusevich che prima della guerra, oltre ad essere un ingegnere, era stato il fortissimo portiere dell’emergente Dimano Kiev che nel 1936 era arrivata seconda nel campionato sovietico. Kordik incaricò Trusevich di contattare i suoi ex compagni e convincerli a lavorare nel panificio. Partecipare al torneo era un pò come collaborare con il nemico ma in fondo venivano offerti loro protezione e cibo, anche se scarso. Non tutti gli ex giocatori della Dimano Kiev vennero trovati, alcuni erano già morti al fronte. Tra i veterani che accettarono l’offerta c’erano Mikhail Sviridovsky e Mikhail Putistin. Altri ex Dinamo furono Nikolai Korotkikh, Aleksey Klimenko, Fedor Tyutchev, Ivan Kuzmenko e Makar Goncharenko. Trusevich contattò anche ex calciatori della Lokomotyv Kiev (Vladimir Balakin, Vasiliy Sukharev e Mikhail Melnik), insomma quanto bastava per arrivare ad undici e potersi allenare. L’idea piacque al comando tedesco, una squadra locale di panificatori, anche se ex calciatori, in condizioni atletiche precarie e malnutriti. Troppo facile, pensarono, umiliarli su un campo di calcio. Oltretutto non avevano nemmeno scarpe e divise da gioco, anche se pochi giorni prima dell’inizio del torneo Trusevich e Putistin, rovistando all’interno di un magazzino abbandonato trovarono completi da calcio in discrete condizioni. Nero per il portiere, rosso per i calciatori, i colori della Nazionale dell’URSS. La squadra venne chiamata Football Club Start.

Il manifesto della partita tra la Start e la Flakelf

Il manifesto della partita tra la Start e la Flakelf

Il primo confronto la Start affronta la Ruch, la formazione dei collaborazionisti ucraini: è il 7 giugno 1942, Trusevich e compagni stravincono 7-2. Il match ha un palcoscenico prestigioso, lo stadio della Repubblica di Kiev (l’attuale stadio Olimpico). Troppi riflettori per quella che doveva essere una squadra da umiliare e, soprattutto, troppo entusiasmo da parte del pubblico locale. Le gare della Start vengono dunque spostate allo stadio Zenit ma non cambia la musica. Gli uomini di Sviridovsky battono 6-2 gli ungheresi e travolgono 11-0 i rumeni. A Kiev non si parla d’altro, la gente va allo stadio per vedere giocare e vincere una squadra che indossa i colori nazionali.
Il 17 luglio si arriva alla sfida con i tedeschi che ne escono umiliati, 6-0. Due giorni dopo tocca all’altra squadra ungherese, superata 5-1. I nazisti sono sotto choc perchè questa squadra, esponente di quella che è considerata una “razza inferiore” e rappresentante dell’odiato bolscevismo, sembra imbattibile. Ancora una volta l’organizzazione cambia le carte in tavola, il 20 luglio si deve ripetere per oscuri motivi la gara contro gli ungheresi. I giocatori della Start, con tre gare in quattro giorni, sono più che stremati ma vinceranno ancora, 3-2.
Tira una cattiva aria su Trusevich e sugli altri calciatori ucraini. Il comando nazista ordina che vadano battuti ad ogni costo. In realtà potrebbe deportarli e liberarsene con qualunque scusa ma passarli per le armi equivale a trasformarli in martiri e provocare a Kiev eventuali sommosse. Si decide così di mandare a Kiev la Flakelf, la squadra ufficiale dell’esercito tedesco composta da giocatori professionisti. La gara si gioca allo stadio Zenit il 6 agosto ed i tedeschi alla fine escono dal campo furenti e rossi di vergogna. Insulti e minacce non sono serviti a nulla, la Start ha vinto 5-1. Viene organizzata una rivincita, andranno in campo tutti i più forti calciatori teutonici richiamati dal fronte, è la miglior Nazionale che la Germania si può permettere in pieno conflitto, nel 1942.
Il 9 agosto si disputa la partita, diretta da un esponente delle SS. L’arbitro, per l’appunto, va nello spogliatoio della Start prima del match e ricorda ai giocatori ucraini che devono salutare il pubblico con il saluto nazista prima del fischio iniziale. Una volta in campo però, in risposta ad “Heil Hitler” dei tedeschi, gli uomini in maglia rossa rispondono in coro “Fitzcult Hura!“. Significa “Viva la cultura fisica” ed è il motto degli atleti sovietici.


E’ uno schiaffo per i nazisti che cercano con ogni mezzo di intimorire gli avversari. Attorno al rettangolo di gioco ci sono ovunque militari armati che ogni tanto lasciano partire qualche colpo d’arma da fuoco per terrorizzare gli ucraini. Trusevich viene colpito da un calcio alla testa mentre si trova a terra e rimane privo di sensi per qualche minuto, i tedeschi vanno in gol.
La Flakelf deve vincere, una nuova sconfitta dei tedeschi significherebbe stavolta la condanna a morte per tutti i giocatori sovietici. Ma spinti dal coraggio e dall’orgoglio, i giocatori della Start scrivono la loro tragica leggenda. Prima pareggiano con Kuzmenko con una botta su punizione da oltre 30 metri. Poi la doppietta di Goncharenko chiude il primo tempo sul 3-1.
Nell’intervallo un ufficiale delle SS va a trovare i giocatori sovietici, si complimenta per le doti calcistiche ma consiglia loro di prendersi un minuto per riflettere prima di tornare in campo. “Pensate alle conseguenze“, sono le sue ultime parole. Forse intimoriti dalla chiara minaccia, gli atleti ucraini hanno una flessione ad inizio ripresa e subiscono due reti, il punteggio va sul 3-3. Ma per i nazionali germanici è solo un’illusione, la Start riprende a macinare il suo calcio tecnico e frizzante e con un terrificante uno-due si porta sul 5-3. C’è solo una squadra in campo, lo dimostra l’azione di Klimenko che dribbla mezza formazione tedesca, evita anche il portiere ma invece di calciare in rete si gira e calcia il pallone verso la metacampo in segno di disprezzo. Per i nazisti è l’ultima umiliazione: l’arbitro fischia la fine, della partita e della Start.

Monumento alla memoria dei calciatori della Start

Monumento alla memoria dei calciatori della Start

Sul destino dei giocatori ci sono poche testimonianze storiche. Furono tutti deportati e si sa per certo che il mediano Korotkikh è morto a causa delle torture della Gestapo mentre Klimenko, Trusevich e Kuzmenko sono stati fucilati nel campo di concentramento di Syrec. Goncharenko e Sviridovsky riuscirono a fuggire e nel 1943 combatteranno nuovamente nell’Armata Rossa contro i nazisti. Degli altri giocatori si sono perse le tracce, quasi certamente sono tutti morti dopo la deportazione.
Il regime stalinista ha poi “macchiato” l’atto di coraggio e di grande patriottismo dei giocatori della Start, considerati dopo la guerra alla stregua dei collaborazionisti. “Trusevich ed i suoi compagni, anziché combattere per difendere Stalingrado si sono imboscati ed intrattenuti col nemico per giocare al calcio”, per l’opinione pubblica sovietica sono praticamente disertori. La loro storia venne resa pubblica nel 1958 dal giornalista Petro Severov e divenne un libro l’anno successivo, firmato dallo stesso Severov e da Naun Khalemsky. Furono dunque riabilitati nell’URSS post-stalinista e considerati eroi popolari.
Si parla di questo storia anche nel libro di Simon Kuper, “Calcio e potere“, datato 1994. Kuper racconta di aver incontrato a Kiev l’addetto stampa della Dinamo che dopo avergli raccontato la storia, gli pregò di non scriverla perchè “è solo propaganda del Partito Comunista“. In realtà negli anni ’90 c’era ancora un sopravvissuto della Start, Marek Goncharenko, autore di due reti nella partita contro la Nazionale tedesca. Anche attraverso le sue memorie c’è la certezza che si tratta di una storia vera, sebbene indubbiamente romanzata in qualche aneddoto. Nel 2004 Karel Berkhoff pubblicò per la Harvard University PressHarvest of Despair: Life and Death in Ukraine Under Nazi Rule“, che ha permesso infine di ricostruire la verità.
A Kiev nessuno ha mai avuto dubbi su quanto accaduto anche se la storia si mischia con la leggenda. Resta il coraggio di undici uomini, più forti del terrore e dell’oscurantismo nazista. Nel 1981 lo Stadio Zenit di Kiev venne ribattezzato Stadio “Start”. Di fronte ad esso sorge una grande scultura di Ivan Horovyj che mostra quattro figure maschili in calzoni corti con lo sguardo perso nell’orizzonte. Scolpite anche le parole del poeta Stefan Olyjnyk, dedicate ai protagonisti della “vittoria senza fuga”: “Per il nostro presente / sono morti nella lotta / la vostra gloria non si spegnerà, / eroi, atleti senza paura”.

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