I 10 PIÙ GRANDI CAMPIONI DELLA STORIA DEL TENNIS
Doverosa, una premessa. Si tratta di una classifica soggettiva, basata si sui risultati ottenuti, ma soprattutto sull’impatto, tecnico ma non solo, che questi campioni hanno avuto nella storia del tennis.
10° posto: Ivan Lendl (Repubblica Ceca, 1960)
8 Slam vinti: 2 Australian Open (1989,90) 3 Roland Garros (1984,86,87) 3 Us Open (1985,86,87)
Un campione mai troppo amato, a causa del carattere chiuso e duro, ed un tennis non proprio baciato dal talento. Il suo gioco non mostrava doti tecniche di pregio, ma rifletteva una determinazione feroce, una volontà, solo sul campo ovviamente, assassina. Il rovescio agli inizi appena discreto, diventò arma per attaccare con fendenti geometrici come pochi, ma soprattutto per passare. Ma è stato il dritto a renderlo fenomeno, quel dritto picchiato in top spin, usato dal fondo per sfiancare l’avversario e per chiudere il punto con colpi vincenti. Un dritto pesante come mai si era visto prima di allora, un dritto picchiato che rivoluzionò il gioco. Un campione di ritmo, di regolarità, di passanti e di ambizione. Numero 1 al mondo per 270 settimane consecutive (terzo di sempre dietro Federer e Sampras). Non riuscì mai a vincere Wimbledon, nonostante due finali, perse sempre contro “erbivori” puri (Becker e Cash). Lo avrebbe meritato.
9° posto: Andre Agassi (Usa, 1970)
8 Slam vinti: 4 Australian Open (1995, 2000,01,03) 1 Roland Garros (1999) 1 Wimbledon (1992) 2 Us Open (1994,99)
Ha fatto molto discutere la sua autobiografia, nella quale ha rivelato di aver fatto uso di droghe durante la carriera professionistica. Ma anche di aver usato per anni un parrucchino (una mega extension, altro che parrucchino) per coprire la calvizie, sdoganata soltanto negli ultimi anni di carriera. Andre Agassi non è mai stato convenzionale, neppure in campo. La sua esplosione nel circuito portò una ventata di cambiamento nel tennis mondiale, non da tutti gradita. Nel look innanzitutto, con quei capelli lunghi e selvaggi che davano una nuova dimensione all’idea di tennista, solo in parte scalfita in precedenza dal vichingo Borg, e dai completi colorati, sgargianti, fluorescenti, aggressivi quanto il marketing che ne sarebbe scaturito. Ma anche in campo Agassi significò rottura col passato. Mai visto nessuno colpire la palla in quel modo prima di lui. L’anticipo netto con la palla ancora ascendente, la rapidità nel colpo, l’aggressività, qualcosa di unico. I suoi punti forti passante e risposta: col dritto ma anche col rovescio, sempre a due mani, sempre d’anticipo. Mandava indietro anche i servizi più potenti, spesso come punti diretti. Il resto del repertorio notevole, ma non grandioso. Di grandioso solo quello, la risposta, ma basta e avanza. Ha vinto su ogni tipo di terreno, persino a Wimbledon, dove il suo gioco sembrava non poter avere futuro (qualcuno deve ancora spiegarglielo a Ivanisevic). Uomo brillante, ha sposato la più grande (forse) tennista ogni epoca, Steffi Graf.
8° posto: Jimmy Connors (Usa, 1952)
8 Slam vinti: 1 Australian Open (1974) 2 Wimbledon (1974,82) 5 Us Open (1974,76,78,82,83)
Agassi prima di Agassi. Sono tante le cose che accomunano i due giocatori, quasi un passaggio ideale di consegne. Il gioco d’anticipo, la risposta straordinaria, il senso dello spettacolo. Connors aveva però rispetto ad Agassi uno spirito polemico molto più accentuato, in questo senso il suo modo di reagire in campo lo rendeva molto più simile a McEnroe, senza però gli eccessi estremi di quest’ultimo. Veloce nei movimenti laterali, aggressivo, e differenza sostanziale rispetto ad Agassi un gran gioco a rete, dopo essersi costruito il punto da fondo campo. Più completo ma non ha mai trionfato al Roland Garros, non giocandovi mai neppure una finale. Memorabili i duelli negli anni con Borg, McEnroe e Lendl. Il suo fidanzamento con Chris Evert (all’epoca miglior giocatrice al mondo) fece scalpore, ma durò soltanto un anno, a causa dell’aborto volontario di lei, come raccontato da Connors nella sua autobiografia.
7° posto: John McEnroe (Usa, 1959)
7 Slam vinti: 3 Wimbledon (1981,83,84) 4 Us Open (1979,80,81,84)
Non è un caso che abbia trionfato soltanto a Wimbledon e Flushing Meadows, i due terreni (erba e cemento veloce) ideali per il suo gioco. La Finale del 1984 a Parigi appare casuale, seppur profondamente voluta, persa contro Lendl dopo essere stato avanti due set. Se consideriamo il tennis espressione di puro talento tecnico, probabilmente McEnroe meriterebbe il primo posto di questa classifica. Il suo gioco brillante, puro, scaturiva da un talento assoluto, fatto di istinto e doti naturali, non certo di durissimo lavoro in allenamento. Nessuno più di lui è stato capace di sublimare l’arte del gioco a rete (in seguito soltanto Edberg e Sampras si sono avvicinati ai suoi livelli), con tocchi deliziosi di volèe, chiusure di volo tanto spettacolari quanto quasi impossibili. Da fondo più che altro si difendeva, e passava di precisione col rovescio. Il servizio, seppur non potente ma fortemente tagliato, era molto pericoloso, soprattutto quando effettuato ad uscire. Ma McEnroe oltre che enorme giocatore è stato personaggio indiscutibile, con le sue proteste reiterate e volgari, ma allo stesso tempo, profondamente ironiche e sarcastiche. Certo, non si preoccupava troppo delle cadute di stile o della poca sportività esibita, ma quel suo lato negativo spesso risultava divertente e spiazzante. Alcune sue offese agli arbitri sono diventate celebri, veri capolavori dell’arte dell’insulto sportivo, ma anche con i tifosi spesso si lasciò andare a comportamenti non esattamente previsti dal codice del perfetto professionista.
6° posto: Novak Djokovic (Serbia, 1987)
8 Slam vinti: 5 Australian Open (2008,11,12,13,15) 2 Wimbledon (2011,14) 1 Us Open (2011)
L’attuale numero 1 del mondo ha ancora tempo per scalare questa classifica, cosa straordinaria se pensiamo che la sua epoca cestistica lo ha messo di fronte a Federer e Nadal come principali avversari, due che a buon diritto potrebbero essere considerati i più grandi tennisti di sempre (sempre che Djokovic non faccia meglio di loro, anche se ovviamente lo stesso concetto vale per lo svizzero e lo spagnolo). Djokovic appare come il prototipo del campione perfetto: colpi di puro talento uniti ad una cura del fisico maniacale, mentalità da lavoratore instancabile. Capace di adattarsi a tutte le superfici, esibisce un repertorio tecnico completo: colpi potenti e profondi da fondo campo, con la capacità di chiudere con grandi accelerazioni sia di dritto che di rovescio. Ha anche un ottimo gioco di rete, favorito da una grande velocità di base, coordinazione e sensibilità di polso. Eccelle anche nella risposta, potente e precisa. Quest’anno sembrava dovesse finalmente colmare la lacuna della vittoria a Parigi, ma nonostante una marcia trionfale fino alla finale, in quest’ultima è stato beffato dallo svizzero Wawrinka.
5° posto: Rod Laver (Australia, 1938)
11 Slam vinti: 3 Australian Open (1960,62,69) 2 Roland Garros (1962,69) 4 Wimbledon (1961,62,68,69) 2 Us Open (1962,69)
L’unico nella storia del Tennis ad avere realizzato il Grande Slam, cioè aver vinto tutti e quattro i maggiori tornei dello Slam nello stesso anno, e averlo fatto per ben due volte, la prima da dilettante nel 1962, e la seconda (l’era Open professionistica iniziò nel 1968) da professionista nel 1969. Autentica leggenda, Laver è stato fonte di ispirazione per tantissimi campioni, per il suo gioco completo, raffinato tecnicamente ma allo stesso tempo dinamico ed esplosivo. In un tennis molto più lento e tecnico, Laver emergeva anche per le sue qualità fisiche, di velocità e resistenza. Il suo gioco era prepotentemente d’attacco, basato sul serve and volley, e proprio il gioco a rete era la sua qualità migliore, con tocchi morbidissimi e di classe purissima. Aveva anche un servizio fastidioso, molto rotato, capace di prendere traiettorie ingannevoli. Pur in assenza di classifiche ufficiali (le prime rilevazioni ATP iniziarono nel 1973) Laver è stato considerato per quasi 8 anni consecutivi il numero 1 al mondo (dai giornalisti). Ha vinto 5 Coppe Davis, quattro consecutive in epoca di dilettantismo, dal 1959 al 1962 (per due volte sconfisse l’Italia in finale, nel 1960 e 61), e una in era Open, nel 1973.
4° posto: Bjorn Borg (Svezia, 1956)
11 Slam vinti: 6 Roland Garros (1974,75,78,79,80,81) 5 Wimbledon (1976,77,78,79,80)
Si ritirò nel 1983, a neppure 27 anni, suscitando scalpore e sconforto tra i suoi tanti tifosi e gli appassionati del tennis in genere, ma anche tra i suoi stessi rivali (McEnroe cercò più volte di convincerlo a ripensarci, nonostante fosse il suo più grande avversario). Nessuno è stato capace di dominare e vincere in un periodo di tempo tanto concentrato quanto lo svedese, che rappresentò per il tennis dell’epoca un’autentica rivoluzione, uno shock culturale. Quel tennis caratterizzato dalle racchette di legno e dall’idea di gioco offensivo, dal serve and volley come regola d’arte, vide intromettersi sin da ragazzino un autentico fenomeno di diversità, di eccentricità, un marziano destinato a sconvolgere le convinzioni (e le convenzioni, tennistiche). La sua maniera di stare in campo, basata sul ritmo e su una preparazione fisica per allora senza precedenti, determinò un cambiamento sostanziale del gioco. Borg aprì la strada al tennista regolarista, non sedotto dalle discese a rete ma bensì ancorato al fondo del campo, dal quale sosteneva scambi infiniti, “regolati” da un ritmo preciso e da colpi profondi e geometrici, dove l’essenza del gioco si spostava dall’offesa alla difesa, dove diventava più importante non finire con colpi vincenti, ma sfinire il proprio avversario fino a portarlo all’errore. Completo, ma senza colpi definitivi, Borg prendeva il controllo del gioco tecnicamente e fisicamente, dando l’impressione di non poter mai sbagliare. Eccezionale in fase di recupero e difesa, anche chi aveva il colpo risolutore vedeva sempre rimandarsi indietro la palla. Nel dettaglio tecnico ha letteralmente inventato nuovi colpi, come il dritto in top spin, cioè colpito dal basso verso l’alto, cosa oggi comune ma allora resa estremamente difficile dalle racchette in legno, e l’uso del rovescio a due mani, all’epoca considerato antiestetico dai puristi del gioco. Ma Borg affascinava anche per lo stile personale, dato da un look nuovo e sorprendente, definito “sciamanico”, con capelli lunghi tenuti dalla fascia e dalla barba semi incolta. Un modo di apparire e presentarsi differente, capace di conquistare tifosi e di conseguenza il mercato pubblicitario. Il suo tennis regolare, pur espressione di un gioco da fondo campo, gli permetteva di adattarsi a più tipologie di superfici, ma è ancora difficile da spiegare come abbia potuto vincere 5 wimbledon, su un terreno profondamente ostico al suo tipo di gioco, e non ottenere mai una vittoria agli Us Open, dove venne sconfitto in ben 4 finali. Un mistero, come mistero resta sotto molti aspetti Bjorn Borg.
3° posto: Rafa Nadal (Spagna, 1986)
14 Slam vinti: 1 Australian Open (2009) 9 Roland Garros (2005,06,07,08,10,11,12,13,14) 2 Wimbledon (2008,10) 2 Us Open (2010,13)
Ha già vinto 14 slam in carriera, raggiungendo Sampras, e nonostante gli ultimi due anni non siano stati facili a causa di numerosi infortuni (e lunghe assenze dai campi) tiene sempre nel mirino l’obiettivo Federer e i suoi 17 Slam. Dominatore sul rosso, dove conta di ottenere presto il decimo successo a Parigi, si è però dimostrato giocatore completo e vincente su tutte le superfici. Allenato dallo zio Toni, basa il suo gioco sulla poderosa prestanza fisica, data da gambe esplosive ed enorme potenza di braccio. Regolarista difensivo, da il meglio in scambi profondi e pesanti da fondo campo col suo top spin, spesso spezzati da colpi vincenti (specie di diritto) da qualsiasi posizione del campo. Clamoroso nelle capacità di recupero e di difesa, è anche un passatore di livello assoluto. Il rovescio (a due mani) è cresciuto nel corso degli anni, diventando di altissima qualità soprattutto quando lo effettua incrociato. Il servizio è potente ma non devastante. Anche se ormai, forse a causa di perdita di velocità dei campi o per le capacità di adattamento dei giocatori, vincere a Wimbledon non è più tabù per i cosiddetti “terraioli”, i due successi di Nadal vanno oltre l’exploit casuale (alla Agassi) rivelando risorse tecniche (lo spagnolo ha notevole talento nel gioco di volo, anche questo spiega i motivi) inaspettate e sorprendenti. Le 9 vittorie a Parigi lo consacrano invece come il più grande giocatore sulla terra (battuta) di tutti i tempi.
2° posto: Pete Sampras (Usa, 1971)
14 Slam vinti: 2 Australian Open (1994,97) 7 Wimbledon (1993,94,95,97,98,99,00) 5 Us Open (1990,93,95,96,02)
Per 6 anni consecutivi è stato numero 1 della classifica mondiale, primato tuttora detenuto, e prima che Federer lo superasse deteneva anche il record di settimane consecutive (286) in testa al ranking. Giocatore speciale, ha segnato e dominato un’epoca, caratterizzata dal grande duello col suo connazionale Agassi. Connubio perfetto di tecnica e potenza, aveva un servizio debordante (calcolate velocità della prima di servizio superiori ai 215 km/h) che da solo poteva permettergli di vincere facilmente contro molto avversari, insieme ad un dritto piatto potente e chirurgico, spesso giocato sfiorando le righe. Ma Sampras è stato soprattutto l’ultimo grande interprete del tennis serve and volley, cioè basato sul servizio e sull’immediata discesa a rete. Le sue volèe (col rovescio in maggior misura) restano ancora nel cuore degli appassionati come esempi di perfezione, di grandezza stilistica e assoluta precisione. Il rovescio non era al livello del resto del suo gioco, seppur di ottimo livello, giocato spesso in back o in slice, ma meno incisivo per profondità e potenza. Ha vinto pochissimo sulla terra, e non sorprende, proprio in virtù delle difficoltà col rovescio, più avvertibile su campi pesanti e lenti come quelli rossi, e del suo gioco d’attacco, più adatto alla fluidità di superfici come erba e cemento, capaci di esaltarne il talento abbagliante.
1°posto: Roger Federer (Svizzera, 1981)
17 Slam vinti: 4 Australian Open (2004,06,07,10) 1 Roland Garros (2009) 7 Wimbledon (2003,04,05,06,07,09,12) 5 Us Open (2004,05,06,07,08)
Quando Sampras dominava e vinceva sembrava difficile immaginare qualcuno capace di eguagliare le sue vittorie o addirittura superarlo. Poi sono arrivati Nadal e soprattutto Federer. Lo svizzero era atteso a grandi risultati sin dagli esordi nel circuito professionistico, perchè un talento così cristallino non poteva passare inosservato. Fisico slanciato, non troppo potente ma dinamico e veloce, Federer incarna la più piena espressione di eleganza stilistica. I movimenti in campo, sinuosi, fluidi, il tocco dolcissimo, la visione di gioco, lo rendono il tennista più vicino alla perfezione che sia mai esistito. Una perfetta modulazione di caratteri, alcuni modernissimi ed altri più legati al tennis del passato. Un servizio incisivo, molto potente ma sempre di lettura, nel solco del tennis più attuale e moderno, legato a fondamentali tecnici più ricercati, in una dimensione di raffinatezza d’altri tempi. Basti pensare al dritto, giocato con un’eleganza e un rispetto della posizione non più presenti in altri giocatori, o il rovescio ad una mano, scorrevole e quasi aristocratico per tanta eleganza, o giocato in back, pratica che con lui passa dall’esser difensiva a puro gesto d’attacco. Tecnicamente, forse, il suo colpo migliore è il passante di dritto incrociato, veloce, preciso, lasciato andare con una semplicità incredibile. Il gioco di rete è poi eccezionale, per fluidità dei movimenti e controllo del colpo, anche in precario equilibrio, grazie ad una sensibilità di tocco magistrale. Ha vinto 17 slam, record difficilmente eguagliabile ( ma aspettiamo Nadal e Djokovic), più una Coppa Davis, nel 2014. Ha superato Sampras per il maggior numero di settimane in vetta al ranking ATP (302). Ha vinto su tutte le superfici ottenendo ammirazione e rispetto da parte di tutti i suoi avversari. Un campione unico, inimitabile, il numero uno.