COME AIUTARE UNA PERSONA A USCIRE DAL SUICIDIO
Parlare di suicidio può spaventare, d’altra parte la diffusione corretta delle caratteristiche di questo triste fenomeno può contribuire alla sua diminuzione.
Il suicidio è un gesto estremo commesso da circa un milione di persone l’anno in tutto il mondo. Il più delle volte costituisce la risposta ad una disperazione estrema, che lascia la persona senza speranza e senza la capacità di chiedere aiuto. Spesso vuole essere un messaggio paradossale di natura vendicativa, che la persona vuole lasciare a qualcuno senza permettere a quest’ultimo alcuna la possibilità di replica.
Su di un piano preventivo non vi sono strumenti certi per scongiurare con esattezza l’evento suicidario, abbiamo però strumenti clinici che ne riducono la probabilità.
Su di un piano epidemiologico, infatti, sappiamo che il suicidio ha alcuni fattori di rischio: chi si toglie la vita è il più delle volte una persona affetta da una patologia psichiatrica (depressione, uso di sostanza stupefacenti, psicosi, attacchi di panico, disturbi di personalità: queste sono le categorie nosografiche più frequenti).
Il suicidio però non ha solo rilevanza psichiatrica, ma anche sociale: non dimentichiamo che un importante contributo allo studio del suicidio viene proprio da un sociologo (Durkheim), il quale ha evidenziato la correlazione tra incidenza di suicidio e urbanizzazione: nelle città in cui c’è maggiore anomia (minore collante sociale) il tasso di suicidio è maggiore.
Chi riesce a togliersi la vita, molte volte aveva già commesso uno o più tentativi in precedenza. Inoltre la persona che si toglie la vita è prevalentemente anziana, priva di legami affettivi o vittima di una particolare crisi esistenziale (per esempio la perdita di una persona cara o la separazione coniugale). Ciò non esclude casi di suicidi in adolescenti.
Altri fattori di rischio riguardano le persone che hanno avuto una parente deceduto per suicidio o che hanno ricevuto notizia di essere affette da una malattia cronica..
La letteratura discute sulla eventuale maggiore incidenza del suicidio in particolari stagioni dell’anno: a maggiore rischio i periodi di transizione tra una stagione e l’altra. In ogni caso, c’è unanimità nel rinvenire maggiore frequenza di atti nei giorni delle ricorrenze, specie in persone sole (le festività, la domenica, oppure il giorno di anniversario della perdita di una persona amata).
Il suicidio ha anche un effetto di imitazione: qualche volta la divulgazione di un caso di suicidio ha provocato l’esplosione di altri casi in un breve lasso di tempo: può essere quindi pericoloso parlare del suicidio in termini eclatanti o eroici.
Diciamolo una volta per tutte: nel suicidio non c’è niente di poetico. Va conosciuto per intervenire presto e con efficacia. Maggiore diffusione di informazione nella popolazione si traduce in minore incidenza del fenomeno.
Nei libri specialistici c’è un confronto etico sul tema della libertà di morire. Rispetto le idee di tutti, ma personalmente rimango aderente al mandato professionale come psicologo e psicoterapeuta: il suicidio va scongiurato attraverso ogni mezzo che promuova salute mentale. Il nostro obiettivo è salvare vite umane.
Cosa possiamo fare per salvare vite umane?
Come accennavo prima non abbiamo strumenti che con assoluta certezza annullano la probabilità che una persona si tolga la vita, però possiamo ridurre il rischio.
In primo luogo, preme evidenziare che è sbagliato, oltre che estremamente pericoloso, sottostimare i segnali di avviso precedenti al gesto. Se una persona minaccia in modo più o meno esplicito di volersi togliere la vita o di pensare a tale gesto, DOBBIAMO ASCOLTARLA. Tante persone ritengono ERRONEAMENTE che chi si suicida, lo fa senza dirlo. Confrontandomi sulla materia con persone non addette ai lavori, sento dire spesso “Se lo dice, vuol dire che non vuole farlo veramente“. Assunto scellerato che va smontato.
Come già detto, il suicidio è spesso un gesto estremo di comunicazione. Una modalità paradossale che la vittima può usare per dare ai propri cari messaggi del tipo: “Hai visto cosa sono stato capace di fare? Mi ascolti ora?”
Quindi è importante prendere in seria considerazione qualsiasi segnale di allarme. Meglio rischiare di raccogliere un falso allarme, che lasciare che un allarme vero sia lasciato inascoltato senza alcun intervento.
Prestare attenzione a qualsiasi forma di disagio: improvvisa inappetenza, aumento delle ore di sonno, perdita di voglia nell’effettuare normali funzioni quotidiane, abbassamento del rendimento scolastico, ritiro sociale, silenzi privi di spiegazione.
Parlare, parlare e parlare!
- NON GIUDICARE chi pensa o tenta di togliersi la vita: il suicidio è un gesto di disperazione, a noi tutti la responsabilità di cogliere il dolore che tale gesto tenta di sopire.
- ASCOLTARE significa STARE VICINO, SORVEGLIARE, NON LASCIARE SOLA la persona a rischio di suicidio.
- Chiedere aiuto. In caso di emergenza, non esitare a chiamare l’ambulanza o le forza dell’ordine.
- Non provare vergogna: soffrire o avere un parente che soffre è sinonimo di sensibilità, non di vergogna. Importante chiedere aiuto, non rimanere soli, e crearsi una cerchia di amici e professionisti pronti a intervenire. Comunicare e interagire.
- Il suicidio è un fenomeno così grave, da richiedere l’intervento di tutti. Nessuno è un eroe, ma tutti insieme possiamo (E DOBBIAMO) collaborare.
- FARE RETE: avvisare il medico di famiglia, i parenti, figli, moglie, genitori. Chiunque può essere utile a salvare una vita umana dal suicidio.
- Rivolgersi a un professionista: uno psichiatra e/o uno psicologo. Il suicidio richiede l’implementazione di trattamenti multiprofessionali: il trattamento farmacologico diminuisce la probabilità di togliersi la vita.
- Tutti (nessuno escluso) possono dare il loro piccolo-grande contributo. NIENTE TABU’. Non aver paura di parlare in modo esplicito di suicidio se temiamo che la persona a noi cara ci stia pensando.
- La letteratura dimostra che può essere utile chiedere alla persona a rischio di suicidio la promessa di chiedere aiuto prima di commettere il gesto. Meglio ancora se tale promessa è messa per iscritto.
- Abbattiamo le barriere, sconfiggiamo l’isolamento sociale. Arricchire la vita di stimoli positivi. Aiutare chi è in difficoltà a trovare un lavoro. Impegnare quotidianamente la persona sola. Stare vicino, a volte anche solo per pochi minuti, alla persona emarginata può contribuire a migliorare la sua qualità di vita. Sollevare l’umore, con tatto e sensibilità.
- Conquistiamo una nuova dimensione sociale nelle nostre città, quartieri, condomini. Prestare attenzione all’emarginato. Guadagnamo una nuova etica comportamentale prosociale.
Allunghiamo lo sguardo oltre la punta del nostro naso: ne guadagneremo tutti.
La vita è bella, non lasciamo che i nostri dolori la spengano per sempre.
Esistono linee telefoniche di ascolto. Telefono amico: chiamare il num. 199.284.284 attivo tutti i giorni dalle 10.00 alle 24.00