PATATINE FRITTE IN BUSTA
Ecco un’altro argomento molto gustoso! Le patatine fritte in busta.
Tutti abbiamo assaggiato almeno una volta una patatina fritta, estratta da quel magico sacchetto (che mentre le mangiamo sembra il pozzo dei desideri tanto sono buone e attraenti) e portata alla bocca con gesti che vanno dal famelico alla sacralità. Sacchetto che una volta iniziato è veramente raro non finire, vuoi perché sono “troppo buone” vuoi perché riescono a stimolare alcune componenti del nostro cervello impedendoci letteralmente di smettere di mangiarle fin quanto non siano finite.
Ma non divaghiamo troppo. Sul mercato esistono migliaia di aziende che producono patatine fritte in busta, questo comporta che esistano molti tipi di procedimenti per produrle e differenti composizioni a livello di ingredienti. Tuttavia proveremo lo stesso a dare una panoramica generale sulle caratteristiche di uno dei nostri snack preferiti.
Composizione
A questo punto bisogna fare un distinguo tra le “patatine” vere e proprie ed i snack derivati dalle patate.
Nel caso delle patatine (classiche) le patate incidono per l’80/85% del totale, il restante 15/20% sono oli vegetali e sale. La percentuale può variare leggermente quando si parla di patatine aromatizzate a qualche gusto. In quest’ultimo caso vanno aggiunti (a seconda dei casi) conservanti, aromi, estratti vari.
Nel caso degli snack a base di patate, invece, nella maggioranza dei casi la componente derivata dalle patate è circa il 45/50% del totale (molto spesso si tratta di impasti di varie tipologie di derivati di patate, ad es. fecola di patate, fiocchi di patate, patate disidratate ecc.), ed il restante 50% è composto da oli vegetali, amido, sale, antiossidanti, conservanti ed aromi. Ebbene si, la metà e più di quello che mangiamo non è patata.
Come accennavo anche in questo articolo sulla nutella, gli oli vegetali sono sconsigliati dagli esperti di nutrizione, in quanto il loro consumo abituale farebbe aumentare la concentrazione di grassi nel sangue, dal colesterolo ai trigliceridi, a causa dell’alta concentrazione di grassi insaturi che contengono.
Metodi di produzione
Solo le patate che presentano una forma allungata (per facilitare il taglio), sono ricche di amido e possiedono un basso contenuto di zucchero vengono utilizzate per il procedimento.
Una volta iniziato il processo di trasformazione vero e proprio le patate subiscono un processo di lavaggio, vengono sbucciate (solitamente in turbine a sistema abrasivo), ordinate per dimensioni e tagliate in centinaia di migliaia di fettine, sottili tra 0,16 e 0,19 millimetri, con lama liscia o rigata, a seconda del tipo di patatina da produrre.
Successivamente vengono lavate in acqua per eliminare l’amido, alcune volte vengono trattate con soluzione a pH bilanciato per migliorare l’aspetto, e asciugate con getti d’aria. Spesso prima della frittura, si esegue un blanching sulle patate: uno o più veloci passaggi in acqua calda, attorno a 70°C per 5-15 minuti per ottenere un miglior aspetto finale del prodotto ed eliminare in parte gli zuccheri riducenti (molto solubili) presenti sulle superfici di taglio.
Infine le fette di patate vengono immerse in olio bollente, come detto solitamente si tratta olio vegetale a 180°C, e fritte.Dopodiché vengono raffreddate, salate, aromatizzate e quindi confezionate.
P.S. Per diminuire i tempi di frittura alcune aziende sottopongono nuovamente le patate ad asciugatura forzata, subito dopo il blanching.
In chiusura una piccola annotazione. Una delle caratteristica di questi alimenti è l’elevato contenuto calorico. Parliamo di circa 537 k calorie ogni 100 grammi. Considerato che il fabbisogno medio di una persona è di circa 1800 Kcal al giorno (varia molto in base ad età e sesso), una busta di patatine fritte fornisce più di un quarto delle calorie giornaliere necessarie.