IL CORAGGIO DI OSARE
In un’intervista Jan Ahlsèn, esperto Specialista Ricerca e Sviluppo Materiali da 40 anni all’Ikea, afferma:
“Ikea è un’azienda fantastica, perché ha il coraggio di osare. Sappiamo già che nel 2020-2030 utilizzeremo molto più materiale. La disponibilità di alcune risorse è scarsa, ma esistono anche materiali che non hanno queste limitazioni. Il bambù, per esempio: lo pianti e sette anni più tardi lo puoi raccogliere senza doverlo ripiantumare. Ci pensano le radici! Un materiale estremamente sostenibile, vero?….”
Sempre Ikea:
Per tamponare il deprezzamento della sterlina dopo la Brexit, Ikea sta prendendo in considerazione l’idea di utilizzare materiali alternativi, incluso il bambù, per costruire mobili più competitivi sul mercato britannico. A dichiararlo al “Guardian” è stata Gillian Drakeford, manager di Ikea per il Regno Unito. La decisione di uscire dall’Unione Europea sta infatti producendo delle conseguenze sull’incremento dei costi di produzione dei beni, soprattutto sui mercati internazionali, che potrebbero determinare anche degli aumenti dei prezzi al consumo. La Drakeford ha sottolineato che l’azienda svedese “farà del suo meglio perché i suoi clienti abbiano il miglior prezzo”.
La soluzione per raggiungere questo obiettivo, secondo Ikea, sarebbe dunque nella scelta dei materiali. The Guardian ipotizza che un posto in prima fila in questa strategia potrebbe essere riservato al bambù. Ikea ha già usato questa materia prima per diversi prodotti, come la scrivania della linea Lillasen, o la serie da cucina Rimforsa, nonché gli accessori da bagno Ragrund.
La società missilistico-aerospaziale russa Energiya ha ordinato nuove tute. Erano state offerte dai propri sviluppatori due tipi di vestiario per gli astronauti in orbita: uno di lino e l’altro in bambù. È stato scelto quest’ultimo. Le nuove divise sono più leggere e resistenti.
Per esempio una maglia in bambù pesa 150 grammi contro i 210 grammi di una in cotone. Gli astronauti della ISS si cambiano una volta ogni tre giorni dopodiché buttano i vestiti usati.
Nei giorni scorsi è stata presentata a Trento la Nuova Biblioteca di Ateneo progettata dall’architetto genovese Renzo Piano. L’avveniristico progetto prevede più di dodici chilometri di scaffali in bambù, capaci di ospitare circa mezzo milione di volumi e 500 postazioni tra utenti e addetti, riadattando così un progetto iniziale di centro congressi.
La fornitura e posa in opera delle librerie in bambù, associata ai mobiletti per deposito e custodia e ai rivestimenti di pilastri e pareti, è stata affidata alla G8 Mobili srl di Benevento, un mobilificio all’avanguardia che ha superato la concorrenza di numerose altre ditte.
Ormai non passa giorno che non si abbiamo notizie su nuovi utilizzi e nuove applicazioni fatte con il bambù. E la richiesta di questo materiale continua ad aumentare!
Stesso discorso vale per l’uso del germoglio di bambù, anzi, in questo caso i numeri (riferiti alla quantità in tonnellate) sono ben superiori.
Il Consorzio Bambù Italia sta ricevendo richieste di fornitura con cifre da capogiro – vista l’enorme richiesta di consumo da parte dei vegetariani e vegani in costante aumento – per cui gli oltre 1.500 ettari di bambuseti appena realizzati non riusciranno a far fronte a tali richieste.
Tutte queste notizie dovrebbero far riflettere chi è nel settore agricoltura: quali altri prodotti possono garantire un simile futuro?
Fare agricoltura tradizionale oggi in Italia equivale ad una perdita di tempo e di energie! Chi sta continuando nelle colture classiche, sta lavorando con bassissimi profitti. Non si può fare concorrenza alle multinazionali che stanno letteralmente fagocitando il settore.
Molti agricoltori preferiscono “mettere a riposo” i loro terreni, elemosinando i contributi UE, piuttosto che attivare un nuovo modo di fare agricoltura che possa generare alti redditi e dare un vero futuro alla propria famiglia.
Un agricoltore che ha 10/15 ettari di buon terreno, ha la possibilità di diversificare le sue produzioni, rivolgendosi ai nuovi mercati che richiedono produzioni particolari (e certificate), le cosiddette nicchie a cui indirizzare le proprie produzioni.
Il grano biologico, senza alcun additivo sarà comunque più pagato rispetto alle produzioni intensive di frumento. Le produzioni orticole, oggi chiamate a km 0, anche loro trovano un mercato crescente. Tuttavia dobbiamo sempre fare i conti con gli agenti atmosferici, che stanno concretamente minando le produzioni agricole rispetto al passato.
I cambiamenti climatici degli ultimi 10 anni generano una grande criticità nelle produzioni biologiche.
Ma allora? Se l’agricoltura Italiana cade a pezzi, le colture biologiche presentano grosse criticità, le colture intensive non hanno un prezzo che permetta di mantenere una dignità lavorativa, cosa occorre fare? Quali possono essere oggi i mercati più stabili, in forte crescita, ai quali rivolgere le proprie produzioni?
Non c’è futuro in agricoltura per chi dice: “Abbiamo sempre fatto così”
Molti agronomi, che conoscono da decenni i nostri bravi agricoltori e che continuano a frequentarli ogni settimana, da qualche tempo si prodigano per modificare l’atteggiamento più diffuso tra gli agricoltori che ruota attorno al concetto “Abbiamo fatto sempre così”. Si tratta di un epitaffio, come lo ha recentemente battezzato Angelo Frascarelli sull’Informatore Agrario, che diventa l’errore peggiore che l’agricoltore possa fare di questi tempi. Solo se si supera questo pensiero sbagliato e cioè si organizza la propria impresa agricola in modo diverso dal passato, si potrà avere la certezza di rilanciare l’attività.
Occorre la disponibilità al cambiamento
I cambiamenti sono difficili, lo sappiamo, ma vanno attuati quando l’impresa va ancora bene e quando c’è ancora capacità di investire. Quello che occorre prima di tutto è la disponibilità al cambiamento e l’attenta valutazione economica di ogni scelta che si fa. Quando si riesce a vincere la resistenza al cambiamento, nella maggior parte dei casi l’esito è un balzo in avanti per l’impresa agricola che prima era impensabile.
Si parla di coltivazioni innovative, ma ancora siamo agli inizi. La cannabis, il goji, il bambù, le erbe officinali, etc. sono ancora attività pionieristiche ma che nei prossimi anni prenderanno sempre più quote di mercato e andranno a sviluppare un ottimo reddito e nuovi inserimenti lavorativi in agricoltura.
Essendo nuove, queste colture non hanno a disposizione mezzi meccanici per la raccolta o altre lavorazioni, le industrie ancora non confermano di produrre macchine per questi segmenti. Pertanto, la manodopera agricola sarà indispensabile e su certe colture, come il bambù gigante, grazie agli ottimi redditi generati (1 ha. = 30/40 mila euro lordi) saranno la vera risposta al mercato agricolo caduto in disgrazia.
Le banche stesse stanno accogliendo con entusiasmo queste nuove colture, confortati da business plan molto prudenziali ma positivi nelle previsioni.
Il Gruppo Banco Popolare finanzia il 100% dell’investimento alle partite iva agricole, che intendono investire sul bambù gigante. Esiste un’apposita convenzione tra il Banco Popolare e il Consorzio Bambù Italia che agevolano l’investitore con due fattori principali che compongono la convenzione: un taeg molto competitivo (circa il 2,7%) e il pre-ammortamento per i primi 3 anni sugli interessi. Ciò significa che i primi anni in cui si deve attendere che il bambuseto cresca e diventi produttivo (dal 3° anno), si andrà a restituire alla banca una rata molto bassa, composta dai soli interessi. A partire dal 4° anno si rimborserà il capitale, mentre il bambuseto sta iniziando la sua piena produzione.