RESILIENZA. CHE COS’È?
Questa foto riesce, secondo me, a rendere bene il concetto di resilienza.
Il termine deriva dal latino resilire e significa “saltare indietro, rimbalzare”; viene usato in diverse discipline ed in ognuna di loro assume il significato più adatto. In fisica, ad esempio, indica la capacità di un materiale di resistere agli urti senza spezzarsi, in informatica la capacità di un sistema di adattarsi all’usura per garantire il funzionamento dei servizi pattuiti, oppure la flessibilità necessaria per assumere nuovi comportamenti se quelli precedenti non sono adatti allo scopo, in psicologia è la capacità di far fronte positivamente ad eventi belli o brutti che la vita ci pone dinanzi e quindi di riorganizzare in modo positivo la propria vita dopo l’evento bello o brutto che abbiamo dovuto affrontare.
Se consideriamo l’ambito psicologico la resilienza sicuramente è una funzione psichica che si modifica nel tempo; quella istintiva è parte integrante dei primi anni di vita di ogni persona, ossia di quelli caratterizzati dall’egocentrismo e dal senso di onnipotenza, quella affettiva rispecchia la maturazione affettiva, il senso del sé e la socializzazione, infine, c’è quella cognitiva che permette l’utilizzo delle capacità simbolico-razionali. Una persona resiliente è quella che ha avuto uno sviluppo psicoaffettivo e psicocognitivo sufficientemente integrato, ossia è colui che è riuscito ad interagire con gli eventi della vita mantendo il proprio essere e non spezzandosi di fronte alle problematiche che la vita ci sottopone.
Cesare Balbo scrive sul Sole 24 ore che la Resilienza non è altro che l’arte dell’adattamento al cambiamento, la capacità di volgere le incertezze in opportunità e i rischi in innovazione. E’, inoltre, la capacità di reinventarsi e di rigenerarsi. Si capisce bene come la resilienza sia assolutamente necessaria, insieme all’autostima, per l’ innovazione e per il progresso. Il fallimento fa parte della nostra vita ma non deve essere causa di demotivazione e di demoralizzazione, piuttosto deve essere considerato come una forte spinta che permette una risalita. L’uomo resiliente è colui che è tenace ai fallimenti, è colui che considera i fallimenti come trampolini, è colui che va avanti senza abbattersi. Provare e fallire non è negativo ma positivo in quanto anche nel fallimento c’è, comunque, conoscenza di qualcosa, di ciò che non è andato bene e del perché non è andato bene. Questo modo di vedere le cose non solo aumenta le nostre conoscenze, ma anche ci permette di essere “uomini resilienti” e pronti al progresso!