LA POLIZIA DI PROSSIMITÀ
La “Polizia di prossimità” è una realtà già presente in diversi paesi europei all’interno del contesto sociale ed è oggetto di costante valutazione.
In Italia la “Polizia di prossimità” esprime una filosofia di intervento, non è una specialità, è un contenitore entro il quale inserire iniziative tutte improntate ad una nuova metodologia operativa maggiormente impostata su più decisi caratteri di attenzione alle esigenze del cittadino.
In altri termini siamo di fronte ad un servizio caratterizzato dalla presenza meticolosa delle forze dell’ordine sul territorio ed organizzato in modo tale da avvicinarle (ecco il senso del temine prossimità) alla comunità di riferimento.
Sul piano concreto, l’iniziativa senz’altro più significativa intorno alla quale si registra una forte aspettativa da parte dell’opinione pubblica è il “Poliziotto di quartiere”.
Il progetto “Poliziotto di quartiere” ha preso avvio in fase sperimentale il 18 dicembre 2002 in 28 province capoluogo.
L’anno successivo la sperimentazione è stata estesa a tutti i capoluoghi di provincia.
Attraverso i Prefetti, sono stati individuati su tutto il territorio ulteriori “quartieri” (aree urbane di circa 10.000 abitanti, non necessariamente coincidenti con le articolazioni amministrative comunali) nei quali estendere il servizio.
Il concetto di sicurezza è oggi collegato non più, o non solo, all’aspettativa della collettività di non rimanere vittima di un fatto-reato, ma viene inteso come fattore strettamente collegato alla qualità della vita e come insieme di condizioni che disciplinano la vita di ogni giorno.
La soluzione che offre maggiori garanzie di successo alla domanda sempre più pressante di sicurezza è rappresentata innanzitutto dalla vivibilità delle strade e dalla identificazione del cittadino con il proprio territorio.
Quando lo spazio pubblico non viene infatti più considerato come sfera di appartenenza, viene meno e si indebolisce il grado della coesione sociale e si lascia spazio all’aggressione di natura criminale o legata ad atti di mera inciviltà.
In questo contesto le Forze dell’ordine costituiscono lo strumento funzionale di maggiore incisività, ma resta evidente come il delicato compito di produrre sicurezza non possa rimanere demandato esclusivamente ad una rete di controllo formale (Forze di polizia, Magistratura), dovendosi affiancare a quest’ultima un controllo sociale informale e spontaneo (solidarietà, senso civico, educazione alla legalità).
Ed è in tal senso che si può parlare di sicurezza partecipata.
Non più una risposta d’ordine e burocratica, caratterizzata dall’impiego di uomini e mezzi e da una decisa militarizzazione, ma una nuova strategia operativa impostata su una logica più strettamente di servizio.
La “produzione di sicurezza” si basa su due pilastri: togliere bacino di utenza alla criminalità e dare allo stesso tempo una decisa risposta sul piano repressivo.
Limitare la sicurezza al solo momento repressivo potrebbe causare un solo ed unico effetto: una penetrazione della delinquenza sempre più pregnante sì da determinare l’inefficacia di qualsiasi risposta sul piano del contrasto.
Si comprende quindi l’importanza di rilanciare quel senso di appartenenza collettiva, che si è andata affievolendo progressivamente con il venir meno della fiducia del cittadino nelle istituzioni e con un lento svilupparsi di un senso di contrapposizione ad esse a danno della teoria dell’affidamento, senso di appartenenza collettiva che costituisce l’univa vera arma contro l’illegalità.
Vi è la necessità di sostituire una logica di prevenzione ad una logica di reazione e di anticipazione della domanda a quella di una risposta puntuale.
Il poliziotto di quartiere, figura ben distinta dalla tradizionale pattuglia appiedata, nato per essere quell’anello mancante sul territorio che sia vicino alla gente comune per capirne e prevenirne le insicurezze, opera nei 103 capoluoghi di provincia italiani, e vigila sulla sicurezza dei quartieri e della gente.
In città come Forlì, Crema e Padova sono state istituite anche pattuglie in bicicletta.
Oltre alla pistola, per il suo servizio è dotato di computer palmare e telefono cellulare per rispondere in tempo reale alle richieste dei cittadini.
Esprime un nuovo servizio integrativo per il controllo del territorio, volto ad un monitoraggio conoscitivo dell’ambiente più penetrante e costante, e si affianca al controllo sviluppato dagli altri moduli operativi già in atto.
Il poliziotto di quartiere con il ruolo di “antenna” di una determinata zona, supera il dualismo tra polizia di prevenzione e polizia di repressione, coniugando entrambe le funzioni e dando nuova dimensione alla missione della Polizia di Stato.
Il risultato, a quasi 14 anni dall’avvio del progetto, senza ombra di dubbio, conforta la bontà delle scelte operative adottate.