La nostra epoca è contrassegnata da molte conquiste in svariati ambiti: medicina, tecnologia, scienza e così via, ma qualcosa di subdolo e di logorante sembra insinuarsi nell’Animo umano. Questo malessere generalizzato possiamo definirlo, genericamente, nichilismo. Innanzitutto, etimologicamente parlando, cosa significa il termine nichilismo? Il suddetto termine deriva dal latino nihil che semplicemente significa niente o nulla. F. Nietzsche, in uno dei suoi frammenti postumi, descrivere il nichilismo come la perdita di quei valori che un tempo venivano definiti supremi. Tale perdita ha determinato una frammentazione sociale che a sua volta ha influenzato il singolo, acuendo un senso di precarietà e di incapacità nel proiettarsi costruttivamente verso il futuro.
Vittime designaste sono i giovani, pur non rendendosene conto, vivono in una costante inquietudine verso il futuro ed in particolare verso la propria interiorità. Il presente viene vissuto come una dimensione temporale priva di senso dove l’unico modo per illudere questa percezione logorante è quello di viverlo con la massima intensità, attraverso distrazioni che il mercato del consumo produce, dove a consumarsi è solo la propria Anima. La mancanza di una sana prospettiva verso il futuro e di legami affettivi sempre più superficiali, come appare evidente oggi, fanno pensare erroneamente, ad un problema di tipo esistenziale/psicologico mentre, come sosteneva Goethe, l’individuo è proiettato verso una costruzione di senso e nella “cultura” nichilista, fondata sull’insensatezza e sulla mancanza di punti fermi e di ideali, questa peculiarità umana viene svilita dall’ incapacità di porsi verso una progettualità a lungo termine. Altra nota dolente, in questa dimensione che possiamo definire fumosa, è il totale distacco dalla storia. Oggi molti giovani non sanno, se non da un punto di vista strettamente biografico e di tornaconto quantitativo in relazione al rendimento scolastico, cosa volevano trasmetterci personaggi come: Leopardi, Socrate, Leonardo, Dante, Pirandello, Calvino, Montale e via discorrendo, ma conoscono alla perfezione l’ultima insensata tendenza, chi ha vinto il reality di turno o si limitano ad imitare pacchianamente qualche cantante rock e non etichettato come mito. L’industria del consumo, dello “spettacolo”e della creazione dei miti, che ha come unico scopo quello di lucrare, ha capito benissimo che tipo di “cura” dare al proprio malato: immediatezza, superficialità e successo a buon mercato. L’unica cura è quella di agire culturalmente e di riportare alla luce i grandi temi, i grandi maestri del pensiero i quali hanno cercato, tra luci ed ombre in seno al grande abisso umano, di indicare una strada, una continuità, un fervore intellettuale e spirituale volto al progresso integrale dell’umanità.