COME EVITARE IL FALLIMENTO (PRIMA PARTE): “CHI PUÒ FALLIRE”
Ho pensato di dedicare una serie di articoli al fallimento, con una prima parte dedicata ai soggetti fallibili e a seguire come evitare il fallimento fino ad arrivare, nel caso in cui sia inevitabile, all’analisi della procedura vera e propria. Partiamo da un presuppusto fondamentale: “Il commercio si basa sul credito.
L’insolvenza o il dissesto del debitore comune (che non sia quindi un imprenditore commerciale) ha ripercussioni limitate in quanto il numero dei suoi creditori e ristretto. La legge pertanto considera la sua impossibilità a pagare come un fatto isolato ed attibuisce al creditore il potere di agire sui beni del debitore attraverso il processo esecutivo (Decreto ingiuntivo, precetto, pignoramento mobiliare e immobiliare). Ben altra appare la situazione, allorquando inizia la crisi di un’impresa commerciale.
Il dissesto e l’impossibilità di far fronte ai pagamenti si ripercuote su un numero notevole di creditori, incidendo anche sull’economia in generale. Inoltre il crollo di una singola azienda può provocare a cascata, anche quello di altre aziende direttamente collegate magari per crediti nei confronti di quella dissestata. Il nostro ordinamento, di fronte ad un tale evento, si preoccupa di ripartire su tutti i creditori con delle percentuali che vedremo in seguito (percentuali di riparto) il danno derivante dal dissesto aziendale, prendendo in considerazione la situazione generale dell’imprenditore in difficoltà e sottoponendo ad esecuzione l’intero patrimonio.
A questo punto possiamo distinguere i caratteri fondamentali del processo fallimentare, e cioè:
- L’universabilità – sono colpiti tutti i beni dell’imprenditore;
- La concorsualità – è predisposto nell’interesse di tutti i creditori e cerca di ripartire il pregiudizio in parti uguali (proporzionalità)
- Ufficialità – il processo fallimentare può essere iniziato anche d’ufficio (senza l’intervento dei creditori)
Tornando al nocciolo dell’articolo, vediamo chi può fallire.
Sono soggetti alle disposizioni sul fallimento, gli imprenditori che esercitano un’attività commerciale, esclusi gli enti pubblici, i piccoli imprenditori e le imprese agricole, intendendo per impresa agricola quella che si dedica alla coltivazione del fondo, alla silvicoltura, all’allevamento del bestiame ed attività connesse, nelle quali il fattore umano sia predominante rispetto al fattore tecnologico (trasformazione dei prodotti agricoli). Le società commerciali non sono mai considerate piccoli imprenditori. Intendiamo come attività commerciale qualunque attività imprenditoriale (industria, servizi, trasporti, bancarie e assicurative).
Perchè si abbia il fallimento è necessario che la crisi economica che ha colpito l’imprenditore sia accertata e dichiarata con una sentenza del tribunale. Il presupposto che sta alla base della sentenza è lo stato di insolvenza, che si ha quando diventa impossibile per l’imprenditore soddisfare regolarmente le obbligazioni (debiti) assunte. E’ opportuno chiarire che vi è stato di insolvenza anche quando l’imprenditore fa fronte ai suoi debiti, ma lo fa in modo rovinoso, svendendo a prezzi irrisori al fine di rinviare la dichiarazione di fallimento. Lo stato di insolvenza può desumersi anche da altre manifestazioni, quali la fuga dell’imprenditore, la chiusura del magazzino e il ritardo nel pagamento degli stipendi ai dipendenti. Possiamo quindi in conclusione dire che ciò che giustifica la procedura fallimentare è l’oggettiva impossibilità per l’imprenditore di soddisfare regolarmente e con mezzi normali le obbligazioni assunte.