IN CANILE: DEDICATO A TUTTI GLI AMICI A QUATTRO ZAMPE SFORTUNATI
Forse qualcuno avrà avuto l’occasione di recarsi nel canile della città’ dove vive.
È una esperienza che, detta così, non sembra avere molta importanza, ma contrariamente alla prima impressione, lascia dentro un qualcosa che si fa ricordare.
Come tra gli uomini c’è chi nasce più fortunato e chi meno: così succede anche nei cani. Parte di loro nascono già all’interno di una famiglia e di questa diventano parte integrante, altri, purtroppo, nascono al di fuori di un preciso contesto sociale e si ritrovano, fin da piccoli, a dover lottare per sopravvivere.
La natura vuole che i cani stiano con la propria madre per i primi tre mesi della loro vita, periodo durante il quale non sono in grado di alimentarsi e debbono, per forza, ricorrere al latte materno.
Dopo lo svezzamento, un cane cucciolo,senza padrone ed in balia di stesso,ha vita breve, se lasciato da solo.Di solito, una volta che il cucciolo non ha più bisogno del contatto con la madre,viene adottato da una famiglia e in questa trova un padrone.
Purtroppo il destino,che molte volte ha l’insana abitudine di voltare il suo sguardo più tenero a talune creature,vuole che parte dei cani, non trovando delle braccia amorevoli tra le quali proseguire il resto della vita, vengano raccolti da persone ai cigli delle strade, o dalle forze dell’ordine e portati in un canile. Questo rifugio funge da luogo protetto dove le bestiole vengono nutrite e curate.
Purtroppo all’interno di un canile le giornate passano tutte uguali e per quanto i volontari che vi prestano servizio siano persone amorevoli e disponibili, non riescono a dare agli ospiti a quattro zampe quell’amore che necessiterebbero anche sotto forma di una carezza fatta con affetto, tutti i giorni.
Ormai è nozione comune quella che porta quasi tutti a sapere che il padrone rappresenta per il cane una figura di riferimento, un “Virgilio” con cui percorrere l’irto sentiero della vita e condividerne insieme gioie e dolori.
Chi ha avuto un animale domestico sa quanto possa essere bello ed appagante invecchiare insieme al proprio compagno a quattro zampe e accompagnarlo nel cammino, fino all’ultimo giorno.
Quella che si svolge in un canile ogni dì, ogni ora ed ogni minuto, altro non è che una richiesta d’amore perpetrata fino a che ogni fido non venga adottato.
È una specie di contratto tacito, potremmo dire, quello che viene, implicitamente, stipulato tra una persona ed un cane in cui quest’ultimo, in particolare, si impegna a riservare al soggetto che lo ha scelto, il proprio affetto.
Ai cani non importa se il padrone è ricco o povero, sposato o single, appartenente ad una casta piuttosto che ad un altra, nobile o meno, loro riserveranno comunque un amore infinito al padrone, indipendentemente dalla condizione sociale.
È proprio questo patto indissolubile che viene firmato una volta sola e che si estende fino alla morte,a non venire rispettato dalla persona. Questo si tramuta in un fenomeno ben conosciuto ai giorni nostri: il randagismo.
Patto, quello sopra menzionato, che il cane è intenzionato a rispettare per sempre e che,molte volte, viene infranto per necessità ed esigenze estranee che sembrano valicare il concetto di amore.
Il cane sarà sempre fedele all’uomo. Questa è una certezza. La domanda semmai è un’altra: quando l’essere umano imparerà ad amare? Quando la finiremo di alimentare quell’apparato, quasi burocratico nel suo agire e fatto di regole invalicabili ed insensibili ai comandamenti dettati dal cuore, di priorità che porta,spesse volte, a dare una importanza maggiore ad altre cose rispetto che ai sentimenti?
Entrare in un canile significa essere sommersi da guaiti e pianti inconsolabili che ci danno la misura della sofferenza che un gesto quale l’abbandono, il dire cavatela da solo, la condanna alla solitudine e l’imposizione, apposta ad un essere indifeso quale il cucciolo, di diventare grande prima del tempo, può provocare in un altro essere vivente. Quelle richieste di aiuto, quelle invocazioni hanno una sonorità che rimane come un segno indelebile, se incontrano un cuore nobile, disposto all’ascolto.
Sapere ascoltare sembra sia divenuta una virtù e come tale si acquisisce nel tempo, con pazienza, educandosi all’umiltà e alla vicinanza con tutto quello che può essere considerato altro rispetto al soggetto.
Certo ci sono situazioni che non lasciano via di uscita e che, per necessità, portano all’abbandono del proprio fido. Su questo nessuno vuole discutere. Quello che si chiede è solo lo sforzo di capire che l’abbandono è per sempre ma ricordiamoci che anche un patto d’amore è a tempo indeterminato, anche se questa formula, soprattutto al giorno di oggi, si è completamente persa.
Si spera che tutte le persone che possono fare qualcosa aprano il proprio cuore all’accoglienza e non lascino che l’indifferenza compia la sua azione distruttrice.
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