DIGIDIE, IL MISTERO DI UN ANONIMO
Chi sarà mai? A Palermo, città dai contorni sempre abbastanza indefiniti e distratta dai mille problemi di un Sud sempre più a Sud del mondo, qualcuno comincia a chiederselo.
Si firma DIGIDIE e scrive frammenti che sembrano sconnessi tra di loro (e forse lo sono davvero) ma che, a detta di molti, letterati, allittrati e non, costituiscono autentici esempi di scrittura che tocca le corde dell’animo e deliziano i palati.
Cosa vogliano dire questi scritti nessuno lo sa. C’è chi pensa che siano pezzi d’un romanzo rifiutato dall’industria distratta dell’editoria; c’è chi sostiene essere segmenti di una vita turbinosa, vissuta in solitudine da un uomo o una donna che vuol lasciare tracce di sé prima di andarsene per sempre; e chi, invece, presume possa trattarsi di uno pseudonimo, dietro cui si celi uno scrittore già noto che ha deciso di votarsi alle scorciatoie delle trovate pubblicitarie per vendere qualche copia in più della suo prossimo libro.
Certo è che DIGIDIE sta facendo parlare, e leggere, di sé.
L’ultimo frammento, il terzo, è stato ritrovato sul tavolino di una bar di periferia, scritto su un tovagliolo di carta e prontamente postato nel suo profilo dalla cameriera che, sparecchiando, se l’è ritrovata tra le mani e, per fortuna, non l’ha cestinato come invece avrebbe fatto la maggior parte di ragazzette stereotipate da bar, senza arte, né scuola, né parte, che al massimo sanno riconoscere un tronista della De Filippi. Lei no. Si chiama Laura, serve ai tavoli per pagarsi l’università e ama leggere.
Ecco il frammento, giudicate voi. E soprattutto, interpretate gente, interpretate.
Mi guardò con sottile protervia, ricordandomi quanta strada aveva fatto e quanta polvere s’era lasciato alle spalle. Gli rivolsi un saluto distratto, mentre fingevo di parlare al cellulare. Non volevo che i nostri occhi si fissassero, che le nostre voci s’intrecciassero, che le nostre mani si stringessero. Non volevo essere, col mio senso d’inadeguatezza, il suo ennesimo trofeo. Volevo solo andare via da lì e continuare ad inghiottire la polvere dell’insuccesso… Avrei cercato conforto nel nascondiglio delle retrovie, trovato assuefazione in dannati risvegli senza emozioni e senza i rinfacci della vita.
DIGIDIE